Corriere Adriatico | Ecco la sfida hi-tech in ambienti di vita salute e ingegneria

Leggi l'articolo del Corriere Adriatico sull'Ecosistema dell'innovazione di HAMU

Il rettore della Politecnica Gregori entra nei dettagli degli Ecosistemi territoriali: «La nostra proposta prevede una richiesta di 120 milioni di euro per tre regioni»

Spingere sul trasferimento tecnologico, accelerare con la trasformazione digitale dei processi produttivi delle imprese. In sintesi: gli Ecosistemi territoriali.

 

Gian Luca Gregori imprime la velocità di crociera: «Sono la soluzione tecnico-organizzativa per promuovere l’innovazione». Il Rettore della Politecnica non tralascia il come: «Mediante una forte interazione e integrazione tra soggetti diversi».

 

 

La traduzione in pratica è lo svecchiamento delle piccole e medie imprese, colonna vertebrale delle Marche? «Premetto: il corso dell’innovazione è di tipo multivariabile, non può essere limitato all’accezione tecnico-produttiva, ma riguarda anche i processi gestionali, organizzativi, commerciali. In questa prospettiva, i modelli di open innovation, rispetto a quelli tradizionali che la costringevano nei confini aziendali, risultano essere strategici e la partnership tra singole imprese e università, centri di ricerca, associazioni di categoria, digital innovation hub, competence center, può risultare determinante».

 

Morale: fondamentale è il percorso. «Esatto. In tal senso si pone l’Hub Abruzzo, Marche e Umbria – HAMU che ha avuto nelle Università Politecnica, di Perugiadell’Aquila i soggetti costituenti».

 

Quante saranno le risorse a disposizione del suo ateneo? «Il ministero non ha approvato il piano finanziario, quindi le uniche considerazioni possono essere fatte riguardo alla proposta di progetto. Prevede una richiesta di 120 milioni che dovranno essere utilizzati per i programmi previsti, anche mediante collaborazioni fra tutti coloro che sono coinvolti».


Come verranno organizzati i centri di ricerca? «La rotta sarà segnata da scienza e ambienti di vita, salute e ingegneria, ict, ovvero le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e materiali innovativi».

 

I temi principali su cui verteranno i filoni di studio e di analisi? «Noi della Politecnica ci concentreremo sui modelli innovativi per la sostenibilità socio-economica, sulla produzione sostenibile, sulla eco-sostenibilità dei prodotti per gli ambienti di vita, sull’esistenza assistita attiva, sullo sviluppo di innovazioni per edifici sostenibili».

 

Le regioni sfrutteranno le loro specializzazioni e i settori più competitivi della loro economia?

«Determinante sarà la questione del metodo, in quanto i processi di funzionamento degli ecosistemi e in particolare i technology-transfer devono tener conto delle caratteristiche delle imprese coinvolte. Altrimenti, il rischio è che “ognuno faccia il suo”, ma l’obiettivo non si raggiunge».

 

Quindi? «Acquisiscono particolare rilevanza le modalità comunicative, gli strumenti di sperimentazione e di diffusione e anche il linguaggio da utilizzare».

 

Tra personale assunto, destinatario di borse di studio o di ricerca, per stare dentro il progetto il 40% dovrà essere donna. Il fattore di genere è un altro segno tangibile di innovazione? È pronto a sostenere la sfida? «La volontà del nostro ateneo è quella di investire in modo sistematico competenze, energie e risorse per ridurre le disparità esistenti nel mondo universitario e della ricerca. Per questo abbiamo adottato il primo Gender Equality Plan, che rappresenta uno strumento-chiave per generare cambiamenti strutturali sul piano culturale, organizzativo e normativo, che consentano di superare i divari esistenti tra uomini e donne».

 

La sinergia tra territori è stata vincente. Lezione da non dimenticare? «È un fattore di sviluppo importante per dare valore alle comunità che vivono in questi territori, ciò a fronte della limitata dimensione delle nostre aree e in particolare della necessità di ottenere livelli di scala tali da poter competere. Abbiamo voluto fortemente questa aggregazione, senza la quale, con certezza, non avremmo ottenuto alcun risultato».


Il punto di svolta? «È necessario ripartire dalle caratteristiche del territorio, che va inteso non più come un fardello, ma come un fattore competitivo da valorizzare. È questa la nuova sfida che deve essere affrontata in modo sinergico, mediante un approccio integrato e convergente tra i diversi soggetti».

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